APULIA TREK

IL BOSCO DI ABRIOLA

Testo e foto di Corrado Palumbo

Non puoi dire : “Autunno” 

In poco tempo siamo passati da un gran caldo ad un clima decisamente più fresco.

Alla faccia di quelli che asseriscono con tono fatalista : “Non ci sono più le mezze stagioni! ”

In ogni caso non puoi dire “Autunno” se non avverti l’insopprimibile desiderio di aria frizzante, colori caldi e profumo di un camino.

Per chi ha anche la fortuna di voler cercare e vivere sensazioni anche a costo di sacrifici e privazioni (ma ne siamo proprio certi?), “autunno” vuol dire anche altro.

Non puoi dire “autunno” se in quella fatidica domenica mattina in cui ritorna l’ora solare non apprezzi la soddisfazione di aver messo la sveglia così presto ed aver contestualmente dormito un’ora di più. Eppure i dubbi che tormentano quella notte, per l’escursionista, sono sempre i soliti : “Ho fatto bene il calcolo di come spostare le lancette?”, “Funzionerà lo spostamento automatico del cellulare ?” e “Se funzionerà la spostamento automatico, la sveglia suonerà correttamente ?”.

I vantaggi di avere oltre 50 anni e la prostata che inizia a fare i capricci sono questi : fra un risveglio “idraulico” e l’altro, si riesce a controllare con esattezza scientifica il procedere delle operazioni di variazione dell’ora.

Fa impressione svegliarsi in un silenzio surreale alle cinque della mattina ed in un batter d’occhio “colazionelavaggivarizainobacettoaCarmelamettereinmotol’auto”.

La meta, lontana, non può che essere un monte lucano che, in questa stagione, offre sensazioni uniche.

In tre ore di viaggio, recuperando un po’ di amici ad Altamura ed al Passo della Sellata, siamo li all’imbocco della Fiumarella (un rigagnolo vivace) che poco più avanti si getta nella Fiumara d’Anzi.

Non puoi dire “Autunno” se, nonostante il freschetto, non ti lasci convincere dal sole tiepido ad iniziare a camminare con una maglietta indosso. Sai che hai qualche chilometro per riscaldarti a dovere, prima di dover necessariamente indossare qualcosa di più pesante.

Non puoi dire “Autunno” se i raggi del sole obliqui non iniziano a giocare con l’acqua della Fiumarella esaltando i contrasti e sfidandoti nello scattare in controluce.

Ogni volta che metti un passo in precario equilibrio nei pressi dell’acqua o guadi saltellando tra le roccette, il solito immancabile pensiero ti appare in mente : “E se scivolo adesso ? Dovrò farmi tutta l’escursione … in umido !”

Per fortuna questi fantasmi restano tali e dopo un’ora di cammino sei lì all’imbocco del Fosso della Fagosa.

La faggeta, che hai desiderato come palcoscenico di questa giornata, è lì, dinanzi a te, che ti invita ad entrare scuotendo una chioma rossa scompigliata.

Il sole, che hai desiderato non per il calore ma per i suoi giochi di luce, partecipa con entusiasmo alla tua emozione.

Non puoi dire “Autunno” se non provi tutto ciò !

Non puoi dire “Autunno” se non senti i tuoi scarponi procedere su un fondo morbido ricoperto da foglie colorate.

Non puoi dire “Autunno” se non riempi i tuoi polmoni di quell’odore sottile ed insistente del sottobosco e dei ciclamini.

Non puoi dire “Autunno” se non ti fermi ad ogni passo per ammirare un particolare e per catturare un raggio nel bosco con la tua fotocamera.

Non puoi dire “Autunno” se non pensi (o meglio, speri) di esserti perso in questo bosco fitto ma allo stesso tempo accogliente e rassicurante.

Non puoi dire “Autunno” se non preghi che quella magia non finisca.

Le difficoltà e la fatica sono, fino a quel punto, inesistenti; ti chiedi se sia vero o se non sia un inganno creato dalla bellezza del luogo.

La verità, come spesso avviene, sta nel mezzo.

Infatti, quando sei completamente posseduto dall’anima di questo bosco, allora arriva il momento di far lavorare le gambe.

Inizia una salita ripida, sempre di più, in un impluvio strettissimo che taglia di netto il Bosco la Bufata.

Procedi con grande attenzione su uno spesso tappeto di foglie pregando, ad ogni passo, che sotto non ci siano massi instabili, rami o radici.

Al massimo dello sforzo non provi alcun disturbo o repulsione per quel canale strettissimo che ti sta portando direttamente in una spianata a ridosso della strada.

Un essere normale si chiederebbe se questo non fosse un tipico esempio di “sadomasochismo”; ma l’escursionista non è un essere normale…

Il vento, forte, che fa svolazzare migliaia di coriandoli con sfumature che vanno dal rosso al giallo, ci consiglia di consumare il nostro misero pasto al riparo in un fosso circondato da grossi faggi.

Scusate; ho detto “misero pasto” ?

Da zaini che sembravano piccolissimi, spunta fuori di tutto ! Panini e frutta (ovviamente), pizze, taralli, focacce, bottiglie di vino, spumante fresco e dolcetti. Persino una enorme caffettiera !

Riusciranno i nostri eroi ad affrontare l’altra metà del percorso con annessa ripida discesa ?

Non dovrebbe essere un grande problema visto che quello che abbiamo messo nella panza, lo abbiamo tolto dagli zaini !

Chi pensava che le fatiche e le emozioni fossero finite…si sbagliava di molto.

Ci infiliamo nel Bosco di Rifreddo e troviamo ad attenderci una discesa ripidissima che saltella fra crinali ed impluvi. I freni vengono messi a durissima prova.

Gli occhi, il cuore e la mente continuano invece a vivere emozioni con colori caldi, riflessi e profumi.

Le magliette sono state tutte coperte da pesantissimi pile e giacche a vento.

La radio continua a gracchiare (aveva iniziato a farlo dall’inizio del cammino) facendoci ascoltare i discorsi di cacciatori appostati dalle nostre parti. Sappiamo che hanno inutilmente sperato di abbattere qualche cinghiale. “Forse” siamo stati di disturbo. I cinghiali ringraziano !

Eccoci di nuovo nella fiumara ed il sole cala rapidamente.

Per evitare sorprese al buio nel letto del fiume, decido di affrontare una nuova salita (ripida ovviamente) per spostarci su una strada più lunga ma più sicura.

Franco (che non avrebbe voluto fare l’intera escursione ma che con grande decisione la ha affrontata fino all’ultimo) arranca a dispetto della fatica e dei suoi (quasi, sottolinea) settanta anni.

Ed ecco che ti accorgi che non puoi dire “Autunno” se il profilo dei rilievi non viene incendiato da un tramonto prepotente.

Dopo poco è la luce della lampada frontale che ti fa compagnia e ti guida direttamente al punto di partenza.

Il GPS sentenzia : “km 17,900 / dislivello + 807”.

Sei stanco e ti viene in mente che dovrai affrontare anche tre ore di viaggio !

Chi se ne frega !

Ora puoi finalmente dire “Autunno“ !

IL BOSCO DI ABRIOLAultima modifica: 2017-10-29T19:08:39+01:00da
Reposta per primo quest’articolo