Nonostante la scena meteorologica fosse dominata da un’alta pressione a matrice subtropicale, per tutto il giorno un fitto ammasso nuvoloso ha stazionato intorno al monte conferendogli un aspetto quasi mitologico, tanto che intraprendere il cammino verso di esso ha destato da subito una certa apprensione.
Dopo aver raggiunto da sud l’ex albergo “Taburno”, a quota 1016 metri, provenendo da Montesarchio, ci siamo quindi inoltrati nel bosco di faggi immerso nella bruma, fino a raggiungere la grande croce di vetta. Da lì, in verità, si annunciava una vista mozzafiato: le montagne dell’Abruzzo e del Matese a nord; il Golfo, le isole e il Vesuvio a sud-ovest; ad ovest la cava del Monte Tairano, nei cui pressi si combattè nel 321 a.c. la famosa battaglia in cui i Romani furono sconfitti dai Sanniti; a sud la dorsale dei Lattari e la muraglia boscosa dei Picentini a sud-est.
Avvolti dalla fitta nebbia, tuttavia, siamo stati costretti solo ad immaginare il paesaggio circostante ma la gioia di esserci ritrovati e di aver superato l’ennesima sfida ci ha resi tutti felici ed orgogliosi.
Qualcuno, fantasticando, ha intravisto tra le querce fate ed elfi; da parte mia giurerei di aver intravisto, tra i boschi di leccio, i briganti della banda Varrone in fuga verso la valle del Calore. Dalla vetta, dopo una serie di tornanti, siamo scesi di alcune centinaia di metri nel bosco e abbiamo raggiunto la selletta denominata Le quattro vie. Più avanti, sulla via del ritorno, schierate sull’ampia radura di Piano Melaino, le truppe dell’esercito di sua maestà Vittorio Emanuele, al seguito del Generale Pallavicini, erano pronte a sferrare l’attacco decisivo ai masnadieri del Taburno.
In realtà durante la colazione consumata nella breve sosta lungo il percorso, la buona Caterina ci ha offerto dei deliziosi biscotti che potrebbero aver avuto potenti effetti allucinogeni…Mah!!!
ALLA PROSSIMA AVVENTURA!!!
Aldo Rubino